Artrite reumatoide: impatto sulla vita

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Artrite

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria delle articolazioni molto diffusa. Si manifesta con dolori cronici e gonfiori, inizialmente localizzati soprattutto nelle piccole articolazioni delle dita di mani e piedi, poi estendibili ad altre articolazioni, guaine tensinoviali e borse sierose.

Nella sola Svizzera circa 85.000 persone sono affette da questa patologia, la fascia d’età maggiormente colpita è tra i 30 e i 50 anni, più frequentemente le donne. In base all’evoluzione della malattia, con il tempo la qualità di vita può essere compromessa a causa dei dolori fisici e della spossatezza che limitano il regolare svolgimento delle attività quotidiane.

Quali sono gli aspetti della vita maggiormente impattati dalla patologia? Quali le aspettative di chi ogni giorno convive con essa? Da un’indagine condotta su 5000 persone in 8 stati sono emersi interessanti aspetti che riguardano soprattutto le seguenti tematiche: movimento fisico, lavoro, relazione con gli altri, aspettative future.

Movimento fisico

Oltre il 60% delle persone partecipanti all’indagine manifesta difficoltà nelle attività che prevedono movimento fisico, anche nelle più semplici azioni come fare una passeggiata o fare le pulizie domestiche. Il 25% ha altresì difficoltà nelle attività che riguardano l’igiene personale. Ne deriva una frustrazione per l’impossibilità di svolgere normali attività considerate scontate dalla maggior parte delle persone, che si manifesta sotto varie forme: ansia, senso di fallimento, emarginazione, ingiustizia.

Relazioni

Più del 40% delle persone ha evidenziato ripercussioni della malattia sulla relazione con il proprio partner, soprattutto nei pazienti sotto i 60 anni. In generale, emerge l’impatto negativo sulla capacità di relazionarsi agli altri, la partecipazione agli eventi sociali, la fiducia nel prossimo. Le persone affette da AR hanno bisogno di comprensione e sostegno da parte di chi le circonda.

Lavoro

I sintomi fisici, nonostante i miglioramenti nel trattamento dell’AR, sono la barriera principale nel normale svolgimento della propria attività lavorativa. Le difficoltà maggiori riguardano l’uso delle mani (25%), l’affaticamento (43%), il dolore (39%). Il 48% delle persone evidenzia un rallentamento nella propria crescita lavorativa, fino ad arrivare in alcuni casi alla necessità di lasciare il lavoro a causa dei dolori fisici. Più di 2/3 delle persone con AR ritiene che si possa sostenere maggiormente le persone affette sul posto di lavoro.

Il lavoro viene riconosciuto come un valore importante per le persone che soffrono di AR: sentono di avere uno scopo e grazie alle interazioni sociali evitano di cadere in stati di isolamento e depressivi. In certi casi i dolori fisici diventano fortemente invalidanti, portando la persona a considerare la possibilità di modificare esigenze e ritmi lavorativi sulla base della propria condizione. Si evidenzia la necessità di poter parlare apertamente della propria malattia sul posto di lavoro per riuscire a trovare una soluzione flessibile.

Aspirazioni

Semplici situazioni come andare in vacanza o partecipare ad eventi sociali possono risultare difficoltosi per le persone con AR, a causa dell’impedimento fisico causato dalla malattia. Oltre ai dolori fisici, devono sostenere anche un grande peso emotivo nel tentare costantemente di trovare compromessi tra quello che desidererebbero fare e quello che la loro condizione permette di fare nella realtà.

Oltre il 50% degli intervistati con AR desidera una migliore comprensione dell’impatto fisico dell’AR sulle loro vite. L’empatia da parte del contesto che le circonda, può fare una notevole differenza nel comportamento e nella gestione delle emozioni legate alla propria condizione. La comprensione delle persone care si traduce infatti in un atteggiamento mentale più positivo nei confronti della malattia.

Le ambizioni delle persone colpite da AR sono semplici: un grande desiderio è che la malattia venga accettata e compresa dagli altri. Un secondo aspetto che si auspicano è riuscire a mantenere il controllo sulla malattia. La malattia diventa parte della loro vita, ma sperano che non la condizioni troppo.

Cosa si può fare in prima persona?

Partendo da piccole azioni è possibile imparare a convivere con la malattia.

Avere un dialogo aperto con partner, familiari, datori di lavoro, colleghi, amici è molto importante perché aiuta le persone a scaricare il peso emotivo che vivono costantemente e che si aggiunge ai dolori fisici.

Pianificare la propria giornata in modo da alternare momenti “attivi” dove si utilizza l’energia a disposizione a momenti di riposo. Stabilire e suddividere in anticipo le attività che si svolgeranno durante la giornata aiuta a porsi obiettivi realizzabili e a distribuire in maniera equilibrata i carichi di lavoro e responsabilità.

Ribaltare la prospettiva: anziché soffermarsi sulle cose che non si riesce a fare, concentrarsi su quelle che si è riusciti a fare aumenta il senso di soddisfazione, anche nelle attività più semplici. Quando i dolori prendono il sopravvento, affiorano più facilmente sentimenti di stress, ansia e preoccupazione che provocano ulteriori tensioni nel corpo, con il rischio di intensificare i sintomi. È invece importante contrastare queste sensazioni e far emergere pensieri positivi, in modo da sgravare il corpo dalle tensioni e ridurre la sintomatologia. Incoraggiare un approccio positivo può migliorare la convivenza con la malattia.

Praticare attività fisica rinforza le articolazioni e i muscoli, facilita i movimenti, diminuisce stress e ansia, aiuta a mantenere un peso corporeo che non carichi troppo sulle articolazioni. Fondamentale è scegliere il ritmo più adatto alla propria condizione: meglio fare ogni giorno anche solo pochi minuti di esercizio fisico piuttosto che concentrare in meno giorni sessioni lunghe e impegnative. Variare gli esercizi può aiutare a mantenere vivo l’interesse e la costanza di allenarsi. Anche lo stretching è importante: allungare i muscoli li rende più flessibili e riduce la rigidità. E se si sente dolore mentre si svolge attività fisica? Il dolore non implica necessariamente la necessità di interrompere l’esercizio fisico. Potrebbe essere sufficiente diminuire l’intensità dell’esercizio per non sforzare troppo il proprio corpo. Anche una semplice passeggiata sul rettilineo è un’ottima attività fisica, non servono maratone o sessioni di allenamento estenuanti.

Dormire bene! Un sonno disturbato si ripercuote sullo stato della giornata successiva, favorendo l’insorgere di spossatezza, stress, stanchezza e nervosismo; un sonno di qualità invece migliora le condizioni psico-fisiche. Un suggerimento è regolare il ritmo sonno-veglia: andare a letto e svegliarsi ogni giorno alla stessa ora aiuta a sviluppare “l’orologio interno” del corpo, che saprà rilassarsi, riposarsi e riattivarsi con regolarità. Anche ciò che si mangia la sera può avere ripercussioni sulla qualità del sonno: evitare di assumere caffeina e nicotina che sono sostanze stimolanti, alimenti zuccherati e bibite gassate, pasti troppo pesanti. Anticipare l’orario della cena, lasciando almeno due ore di tempo tra quando si mangia e quando ci si corica.

Lo stress e l’agitazione non permettono un buon sonno: cercare di svuotare la mente, rilassarsi attraverso respiri profondi, leggere un libro, ascoltare musica rilassante o fare un bagno caldo prima di coricarsi possono creare le condizioni per allentare le tensioni e favorire un sonno ristoratore.

In generale, la combinazione di ciò che le persone colpite da AR possono fare in prima persona e la comprensione e supporto da parte del contesto che le circonda, sviluppano le condizioni per una serena convivenza con la malattia.