«Un tempo potevo contare sul mio corpo»

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Portrait monika schuetze sle

Allora

Sin da giovane, Monika Schütze aveva le idee chiare sul proprio futuro. Desiderava un interessante lavoro parttime che le lasciasse molto tempo da dedicare a bei viaggi. Il suo sogno è andato in fumo, non per mancanza d’impegno, ma a causa di una malattia. Oggi, a 41 anni, sa che non tutto nella vita è pianificabile. Sebbene abbia accettato il proprio destino, non è semplice vivere giorno dopo giorno con una malattia che non consente di fare previsioni per il futuro.

Monika schuetze damals 2

Come tutti i viaggi all’estero, a Monika Schütze era piaciuto anche il suo soggiorno negli USA e in Messico di 18 anni fa. Ma il periodo lontano da casa non era stato sereno come di consueto, poiché la donna aveva sofferto di persistente dissenteria e di continui problemi alle articolazioni. E se fosse il letto scomodo la causa dei dolori e la dissenteria dipendesse dal cambio di alimentazione? Forse era proprio così. Solo al ritorno, quando si accorse che i sintomi non accennavano a sparire, Monika decise di sottoporsi a una visita medica e la diagnosi fu «epatite B».

«Quando e come è avvenuto il contagio?», continuava a chiedersi Monika, che non riusciva proprio a farsene una ragione. Non era solo una questione mentale, poiché anche il resto del corpo sembrava confutare la diagnosi. Ma i dolori acuti erano sempre presenti. Dopo un ulteriore consulto medico, Monika venne indirizzata a un reumatologo, che giunse a una diagnosi diversa: «mixed connective tissue disease», una grave patologia reumatica, molto simile al «Lupus Eritematoso Sistemico». Quest’ultima è una malattia infiammatoria autoimmune, cioè un’aggressione del sistema immunitario agli organi, che comporta fibrosi della cute e infiammazioni muscolari. «Naturalmente, allora non comprendevo cosa ciò avrebbe significato per la mia vita. Ma ero sollevata dal fatto che la patologia di cui soffrivo avesse un nome», ricorda Monika.

Un’alternanza di gioia e dolore

Schuetze medikamente sle

In seguito alla diagnosi la giovane donna iniziò un trattamento cortisonico e a breve si sentì come rinata. Purtroppo la bella sensazione non era destinata a durare; negli anni che seguirono Monika si sentì come una piccola imbarcazione in balia delle onde: lottò contro disturbi motori, accessi di febbre e dolori articolari. Seguirono esami clinici, ricoveri in ospedale più o meno protratti, TAC, risonanze magnetiche e trattamenti per infusione.

«La cosa peggiore è il carattere imprevedibile della mia malattia», afferma pensosa Monika. Un tempo poteva contare pienamente sul proprio corpo, oggi non può mai essere certa di riuscire a percorrere il tragitto che la separa dalla fermata del tram. Convivere con questa incertezza le riesce molto difficile. «Il gruppo di sostegno reciproco per pazienti affetti da Lupus è stato ed è un importante punto di partenza», racconta Monika. Non solo le ha insegnato a parlare dei propri timori, ma le ha permesso anche di approfondire le proprie conoscenze sulla patologia. Un risultato importantissimo per Monika. «Un maggior bagaglio di informazioni mi consente di convivere meglio con la malattia; ‹non sapere› mi fa più paura delle terribili affermazioni che mi capita di leggere sulla mia patologia.»

Conforto e distrazione nei momenti difficili

Monika schuetze hobby

Il lavoro può rivelarsi un’ottima soluzione per superare i momenti difficili. Monika considera una benedizione il fatto di poter ancora esercitare una professione. Dopo un impiego come commessa, era passata a un lavoro di ufficio, ma l’azienda purtroppo fallì. «Ero certa che con la mia malattia non avrei mai più trovato un altro impiego», sono le sue parole. A quel punto si rivolse alla Lega contro il reumatismo e con il suo supporto compilò la domanda per la rendita di invalidità. Oggi vive della rendita AI ed è comunque felice che le sia stato affidato un piccolo incarico presso il punto vendita della «Soziale Stellenbörse» di Basilea. All’interno del negozio, in cui vengono venduti articoli realizzati dagli stessi disabili, Monika segue le persone in caso di accertamento da parte dell’AI. Inoltre, quattro pomeriggi la settimana, assegna alle persone degli incarichi, li controlla e fornisce un feedback. Monika trae giovamento dalla stretta collaborazione con altri individui limitati nella loro professione: «Il fatto che anche io sia malata è sicuramente un vantaggio. La mia condizione mi permette di avere una maggiore comprensione per i portatori di handicap.»

Fare economia di energie

Non solo in ambito lavorativo Monika si sente, a volte, maggiormente protetta in compagnia dei diversamente abili piuttosto che di non disabili. «Chi non ha minorazioni fisiche stenta a comprendere quando sono stanca o esausta. E magari pensa sia necessario motivarmi o spronarmi, quando per sentirmi meglio basterebbe potermi sedere.» Non c’è alcun dubbio, le persone disabili posseggono una diversa sensibilità verso le limitazioni fisiche. E forse anche questo è un motivo per cui Monika oggi si sente maggiormente a proprio agio a praticare acqua-gym per disabili piuttosto che in un’associazione ginnica. «Qui molte persone hanno minorazioni fisiche, la mia presenza non risalta e non sono al centro dell’attenzione.»

Monika schuetze sle gymnastik

L’acqua-gym non rappresenta un semplice hobby, ma una delle tante forme di terapia presenti nella vita di Monika. Il metodo Feldenkrais, la fisioterapia e l’allenamento di forza sono ulteriori attività che l’aiutano a mantenere il proprio corpo mobile, un suo grandissimo desiderio. Anche perché pur non potendo evitare i blocchi fisici, avere una maggiore mobilità può certamente aiutarla a superarli meglio. Vista in questi termini la mobilità corrisponde a una parte d’indipendenza, che tuttavia ci si deve guadagnare con impegno e forza di volontà. La giovane donna dedica dalle cinque alle sei ore settimanali alle terapie fisiche e alle visite mediche. «Questi appuntamenti sono suddivisi tra quattro o cinque mattinate, si tratta di un impegno piuttosto gravoso», racconta. E a chi immagina che possa permettersi di dormire sino a tardi la mattina, può sempre raccontare il suo programma settimanale in dettaglio. «In molti non riescono a immaginare come sia il mio quotidiano con la malattia.»

Oggi

«Ho la sensazione di invecchiare un po’ più velocemente rispetto alle persone sane»

Portrait monika schuezt heute

Sono già trascorsi 17 anni dalla prima intervista a Monika Schütze. All’epoca si parlava di una malattia senza prospettive per il futuro. Il fatto che forumR abbia ricevuto dalla donna, oggi 58enne, un aggiornamento sul suo stato di salute rende la storia ancora più interessante.

Come per molte persone affette da una malattia cronica, anche la storia clinica di Monika Schütze si è evoluta nel tempo. Alla diagnosi iniziale di lupus eritematoso sistemico si è aggiunto negli ultimi anni il morbo di Parkinson. Nonostante molteplici riabilitazioni, terapie e medicamenti, le difficoltà di deambulazione della donna aumentavano sempre più visibilmente: nel camminare tendeva sempre più a inclinare il busto lateralmente e non riusciva più a riallinearlo completamente. Sebbene il lupus fosse sempre presente, accanto al Parkinson passava in secondo piano, racconta Monika Schütze. Nel frattempo gli episodi scatenati dal lupus sono quasi scomparsi.

Nel 2013 le è stata consigliata la stimolazione cerebrale profonda (DBS) come terapia per il Parkinson. Un anno dopo la donna originaria di Basilea si è sottoposta all’intervento che, al di là di alcune difficoltà iniziali, le ha apportato alcuni benefici: i movimenti sono tornati a essere più fluidi e controllati. Di recente la DBS è stata ricalibrata. I movimenti sembrano nel complesso ancora un po’ incerti; la parte sinistra del corpo e la mano sinistra continuano a procurarle problemi. Come se non bastasse, la difficoltà del dito a scatto dovuta al lupus si mescola con la rigidità e i movimenti involontari (discinesia) del morbo di Parkinson.

Con due malattie è certamente ancora più difficile formulare previsioni per il futuro. Ma Monika Schütze non si lascia scoraggiare: la donna, in pensionamento anticipato, non ha mai perso la passione per il bricolage, ma oggi suddivide meglio le sue attività. Si concede delle pause se si sente spossata e chiede aiuto quando ne avverte l’esigenza. Monika Schütze ha accettato la propria situazione, anche il fatto di invecchiare un po’ più velocemente rispetto alle altre persone.

si parla comunemente anche di «pacemaker cerebrale». Nel corso di un intervento vengono impiantati elettrodi nel cervello che inviano impulsi elettrici costanti, riducendo così i sintomi della malattia, come ad es. nel caso del morbo di Parkinson.

Testo apparso su forumR 1/2025
Autrici: Astrid Steiner e Daria Rimann
Foto: Susanne Seiler

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